giovedì 3 agosto 2017

Consigli di lettura || Scappare #2

Esistono dei libri che, in un modo o nell'altro, riescono a farti sentire meno solo, compreso. E se mi tornassi questa sera accanto è stato un libro che, come un vero amico, mi ha preso dolcemente per mano e mi ha accompagnata in un breve ma intenso viaggio tra le pagine di esso. Un viaggio sulle parole di questo volume, che parla di abbandono e solitudine. Di una famiglia che non esiste davvero e che si mantiene su un finto ideale, su un fiume che non può reggere un peso così grande. Un casino così grosso.
I capitoli si alternano tra le lettere di un padre, Giosuè, che cerca di avere un contatto con la sua figlia Lulù, un contatto che non ha mai avuto e che spera di ottenere adesso attraverso parole di conforto, parole di colpevolezza, di consapevolezza. Un padre che non ha mai dato nulla per sua figlia, allevandola come un soldato e non come una bambina: un soldato pronto a stare sull'attenti, sempre e comunque, per ricevere un briciolo di affetto. Un affetto che mai ha ricevuto, neanche da sua madre Nora, una donna impazzita per un tradimento di molti anni prima; che va ai funerali di persone sconosciute e promette ai morti cose bellissime per farli sentire meno soli, per poi scrivere un resoconto su dei fogli. Una donna che è persa nel suo mondo e che mai si connetterà con quello "reale". E Lulù è sempre stata lì, ad ascoltare i suoi genitori, a crescere senza sogni e senza passioni. A diventare grande dovendo allontanare l'amore, un bel sentimento che le faceva
compagnia. Una ragazza che non ha mai fatto storie, che non piangeva mai se si faceva male e non urlava mai se cadeva. Cresciuta da sola sentendosi abbandonata, diversa e mai accettata o capita. E allora Lulù poi scappa, scappa lontano e cerca la sua felicità, la sua pace. E, per la prima volta, impara pensare a sé stessa e a ciò che vorrebbe provare nella sua vita, ora che non è troppo tardi.
È una storia scritta in un modo dolce e appassionante, come una lieve ninna nanna che ci trasporta in un sogno leggero e senza pensieri. Scappiamo per ritrovare noi stessi, ma, nonostante tutto, ritorneremo sempre alle nostre origini.
Insieme abbiamo capito che non è possibile cancellare quanto è stato di noi e che a vita ci porteremo dentro le sensazioni che ci tengono lontani da quelli che ci hanno ferito, abbandonato o deluso. [...] A volte quel passo cade nel vuoto e resterà anche il rammarico di averlo compiuto. Altre volte porta a una riconciliazione, prima di tutto con se stessi. 
Miriam Toews ha perso sia suo padre che sua sorella, entrambi suicidi. E, proprio per questo, la
Toews in ogni suo libro mette un po' della sua storia, un po' del suo dolore e del suo desiderio di fare qualcosa, un "avrei potuto..". Interrogativi continui tra i rapporti tra due sorelle, in questo caso Hattie e Min, cresciute senza un padre e con un rapporto di amore-odio.
Hattie, all'inizio del libro, si trova a Parigi, dove dovrà andarsene per andare da sua sorella Min che si trova in ospedale e badare ai suoi due figli, Logan e Thebes, rispettivamente quindici e undici anni. Hattie, quindi, parte per il Canada e si ritrova dinanzi a due bambini abbandonati, soli e con una voglia di vivere. Così, un po' per caso un po' volutamente, partono alla ricerca del padre dei due bambini. Un viaggio on the road divertente e ricco di frasi amare e ironiche; un viaggio dove Logan si ingesserà una mano e dove Thebes costruirà i suoi famosi buoni regalo un po' a chiunque.
La Toews, in questo libro, concentra la sua scrittura sull'aspetto leggero, simpatico, nascondendo sempre dietro di sé un dolore molto forte, che colpisce al petto inevitabilmente. Durante tutto il libro
Hattie si chiederà ogni tanto cosa potrebbe fare, o cosa avrebbe potuto fare. Un viaggio che si alterna a dei flashback della vita di queste due sorelle, che tanto hanno vissuto tra pianti e risate, nonostante tutto.
Profondo e malinconico, ma con una scrittura frizzante e divertente. E quindi grazie Toews, per aver creato personaggi come Hattie, come Logan e Thebes che, in un modo o nell'altro, rappresentano un po' tutti noi quando affrontiamo un dolore, nel momento in cui cerchiamo di aggirarlo ma ce lo ritroviamo sempre davanti a bloccarci la strada, a metterci nell'angolo.
Mmmm, ci provava gusto ad andare in giro per il mondo a mettersi nei guai e farsi salvare. In questo senso era un po' come Min. In questo senso era un po' come tutti noi. 

2 commenti: