mercoledì 31 ottobre 2018

RECENSIONE: Isola di neve - Valentina D'Urbano

Due storie che vanno ad intrecciarsi, che camminano insieme e si rincorrono in un gioco di storie e ricollegamenti, scoprendo un romanzo ricco di mille altre emozioni e sfumature, che sfociano in centro altre aperture, in una deliziosa unione perfetta di tutti questi sentimenti.


In una, la storia di Manuel, un uomo ormai portato al limite per colpa dell’alcool, arrivando al punto di ritrovarsi senza più nulla: amore, famiglia, lavoro. Decide, allora, di rintanarsi nell’isola dove, molti anni prima, vivevano i suoi nonni - Novembre - per poter riuscire a disintossicarsi prima di poter riprendere nuovamente in mano la sua vita.
Una volta arrivato lì, però, per una serie di situazioni si ritrova a conoscere una ragazza molto bizzarra, Edith, che per via del suo aspetto buffo e diverso dallo stereotipo comune, e della sua storia molto intrigante da raccontare, conquista l’attenzione di Manuel, portandolo in viaggio verso un’avventura ricca di pericoli ma anche di questioni passate non risolte. Edith, infatti, è su quell’isola per cercare un oggetto particolare: il violino di Von Berger, il violinista più famoso nato cinquant’anni prima e rinchiuso nella prigione dell’isola durante quegli anni e del quale, dopo la sua morte, non si è saputo più nulla.
Da qui, nasce l’intreccio con l’altra storia, quella avvenuta cinquant’anni prima, e che narra la vicenda di questa ragazza che viveva nell’isola, chiamata da tutti gli abitanti Neve, e che, per colpa del suo caratteraccio e della sua sfacciataggine, si reca alla prigione per vedere questo nuovo prigioniero e, per determinati eventi, inizierà a conoscerlo, facendo nascere tra di loro una storia intricata e ricca di segreti.
Storie con protagonisti opposti tra loro, da una parte ricchezza e dall’altra povertà, da una parte tecnologia dall’altra no; collegate, però, da un filo conduttore: la vita in tutte le sue sfumature.
 “Che cosa mangeremo stasera?»
«Quello che abbiamo mangiato ieri.» 
«Ancora pane e sale!» si lamentò Imma, che non ne poteva più. 
«C’è anche un pezzo di burro da spalmarci sopra. E il brodo di pesce.» 
«È così poco, mamma. È sempre poco. Quando torneremo a mangiare normalmente?”  
Attraverso la scrittura di questa meravigliosa autrice, riusciamo a comprendere ogni stato d’animo di ogni singolo personaggio, da quello principale a quello secondario, ad attraversare le stradine di Novembre nel periodo estivo ed invernale, e ci sembrerà davvero di ascoltare il dialetto di quell’isola incomprensibile a tutti coloro che non appartengono a quel posto.
 “Lo so che non me lo vuoi dire. Ma vorrei veramente che ci fosse qualcuno. Qualcuno che ti porti via da questa famiglia di merda e ti faccia fare una vita bella. Una vita da signora, perché te la meriti.» 
«Te l’ho detto, non c’è nessuno.» 
«E allora spero che lo trovi. Cerca di trovarlo. E poi vattene da questo posto, vai a Roma. Tu non ci puoi stare qui, tu sei meglio.”

 Ogni elemento, anche quello che potrebbe risultare più infimo, diviene fondamentale per la storia e alla fine ci ritroveremo a svelare anche un mistero che, in realtà, non ci aspettavamo aprendo questo librone. Lo stile è fluido, continuo e lineare, appassiona il lettore facendolo entrare in un limbo di emozioni diverse e molto forti, emozioni reali, vere, palpitanti. Una storia che vi consiglio di leggere sempre, alla quale vi dico di affidarvi totalmente disarmati, senza conoscere molto altro di ciò che si potrebbe sapere. E, vi assicuro, saprà stupirvi dalla prima riga fino all’ultima.

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