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SINOSSI:
Moraldo, arrivato a Torino per una sessione d'esami, scopre di avere scambiato la sua valigia con quella di uno sconosciuto. Mentre fatica sui testi di filosofia e disegna caricature, coltiva la sua ammirazione per un coetaneo di nome Piero. Alto, magro, occhiali da miope, a soli ventiquattro anni Piero ha già fondato riviste, una casa editrice, e combatte con lucidità la deriva autoritaria del Paese. Sono i giorni di carnevale del 1926. Moraldo spia Piero, vorrebbe incontrarlo, imitarlo, farselo amico, ma ogni tentativo fallisce. Nel frattempo ritrova la valigia smarrita, ed è conquistato da Carlotta, una fotografa di strada disinvolta e imprendibile in partenza per Parigi. Anche Piero è partito per Parigi, lasciando a Torino il grande amore, Ada, e il loro bambino nato da un mese. Nel gelo della città straniera, mosso da una febbrile ansia di progetti, di libertà, di rivoluzione, Piero si ammala. E Moraldo? Anche lui, inseguendo Carlotta, sta per raggiungere Parigi. L'amore, le aspirazioni, la tensione verso il futuro: tutto si leva in volo come le mongolfiere sopra la Senna. Che risposte deve aspettarsi? Sono Carlotta e Piero, le sue risposte? O tutto è solo un'illusione della giovinezza?
"Se non scrivo drammi o romanzi è perché vorrei scrivere subito un capolavoro. Non basta nessuno sforzo, nessuna impresa, nessuna attività, se non c'è quella in cui ritrovare sé stessi per intero. Gli mancava questo. Le mie azioni singole saranno capite e io non sarò capito. Passava qualche giorno, ritrovava slancio, si riaccendeva, riprendeva il filo dei mille lavori, senza domandarsi per un po' quale fosse il senso - compierli è già senso. La vita, è già senso. Io non mi fermerò."Riporto questo passaggio in particolare per comunicare lo stile di scrittura dell'autore, di come egli riesca a prelevare il lettore dal proprio posto per portarlo in un altro; come riesca a far riflettere con una semplice frase.
Leggendo la nota dell'autore, mi sono resa conto che il libro si incentra su una storia vera, con, ovviamente, pensieri dell'autore e alcune cose scritte di fantasia: "non sapevo molto di lui, ma quel poco mi ha spinto a immaginare", comunica a noi lettori nella postfazione.
La storia viaggia in parallelo incentrandosi su due uomini: Moraldo e Piero.
Il primo si reca a Torino per una sessione d'esame e, quando arriva, si accorge di aver scambiato per sbaglio la sua valigia con quella di un'altra persona: essa possiede un contenuto grazie al quale si intuisce che il proprietario di questa è un fotografo. Egli, nei brevi capitoli, cercherà di trovare il misterioso uomo con il quale ha scambiato la sua preziosa valigia, con tutti i suoi vestiti, i suoi libri e il suo quaderno per le caricature sui personaggi famosi - avendo poi una grossa sorpresa una volta conosciuto il proprietario. E, durante questa dura lotta, inizia a cercare di farsi notare da Piero, il direttore di un giornale. Giornale che lo porterà all'esilio e che quindi lo vedrà costretto ad abbandonare la sua famiglia a Torino per recarsi a Parigi, dove, durante tutta la durata del libro, il suo unico pensiero sarà quello di sistemarsi per far ritornare con lui la sua famiglia.
Ma Piero è malato e Moraldo si innamora di una donna impossibile, e ciò porta la narrazione a diventare più cupa, più profonda. È come se guardassimo all'interno di un pozzo, e quello ci fa paura, ci rende vulnerabili, ma nel frattempo ci rende elettrizzati, eccitati. Lo stile, inoltre, è molto scorrevole nonostante riesca ad entrare dentro di voi creandosi un tunnel dritto verso il vostro cuore, dove vi sussurrerà tutta la storia raccontata nel libro, aggiustando le crepe che si creeranno nel corso della lettura.
La storia ha creato una patina molto spessa sulla mia mente, portandomi a guardare il mondo in modo diverso, a pensare più profondamente a ciò che mi accade, alla mia giovinezza, al mio futuro. Questo libro è diventato importante nella mia vita, tanto che è riuscito ad ottenere un posto speciale in tutta la mia essenza. La scrittura dell'autore, inoltre, permette a chiunque si approcci a lui di appassionarsi, incollarsi alle pagine anche durante una scena quasi noiosa, dove non succede un granché. Ma è proprio in quei momenti che noi riscopriamo noi stessi, e Di Paolo ce lo dimostra attraverso le sue parole, le quali colpiscono forte rendendoci più vulnerabili, più fragili.
Penso che Di Paolo sia un po' come Baricco, o lo si ama o lo si odia. Dipende da quello che riesce a comunicarvi e, in questo caso, a me ha comunicato moltissimo.
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